I RAGGI BETA

Negli anni immediatamente successivi alla scoperta della radioattività da parte di Antoine Henry Bequerel, Ernest Rutherford osservò che le radiazioni emesse dall’atomo erano di almeno due tipi distinti.

La  prima, che chiamò radiazione alfa, era facilmente assorbita dalla materia;  la seconda, che chiamò radiazione beta, era molto più penetrante.  A queste si aggiunse poi una terzo tipo di radiazione, più penetrante delle prime due, chiamata radiazione gamma.

La scoperta dei processi che avvengono all’interno del nucleo e che danno luogo a queste emissioni o decadimenti, ha richiesto notevoli ricerche.  Mentre per il decadimento alfa fu trovata una brillante spiegazione teorica, per il decadimento beta fu più difficile.
Il primo problema era l’ipotesi di un elettrone all’interno del nucleo. Era difficile spiegare un meccanismo che possa permettere a un elettrone, che è una particella leggera, di restare confinato in un nucleo che ha dimensioni dell’ordine di 10 alla meno 13cm. Per il principio di indeterminazione di Heisenberg una particella leggera come l’elettrone confinata in un spazio piccolissimo come un nucleo dovrebbe acquisire una energia elevatissima. Inoltre era difficile immaginare un tipo di forza che possa produrre questo confinamento.
Nel 1932-1933 la teoria del nucleo di Heisenberg-Majorana prevede che il nucleo sia costituito da soli protoni e neutroni, tenuti insieme da speciali forze di scambio attrattive, a cui si oppongono le interazioni coulombiane repulsive tra protoni.

Il secondo problema era connesso al principio di conservazione dell’energia.
Per spiegare questo fenomeno Niels Bohr avanzò addirittura l’ipotesi che la legge della conservazione dell’energia, un pilastro fondamentale della Fisica, valesse in media, ma non nel singolo evento.

Per costruire la mia teoria del decadimento beta, decisi di superare lo schema dell’ordinaria meccanica quantistica e adottai un punto di vista di teoria quantistica dei campi, nella quale le particelle possono essere create e distrutte. Inoltre ripresi un’ipotesi di Wolfgang Pauli del 1930 secondo la quale nel processo di decadimento viene creata una nuova ipotetica particella leggerissima e di carica nulla che prende l’energia apparentemente mancante: il neutrino.

Immaginai quindi che l’elettrone e il neutrino non sono già esistenti nel nucleo, ma vengono creati ed emessi dal nucleo nel momento del decadimento.
La mia teoria del decadimento beta si basa sull’analogia con i fenomeni presenti nell’elettrodinamica quantistica.
Avevo scoperto una nuova forza elementare: la forza nucleare debole. È chiamata debole perché alle energie del decadimento beta, che sono basse per le particelle, è meno intensa della forza nucleare forte e di quella elettromagnetica.

Nel dicembre del 1933 scrissi l’articolo “Tentativo di una teoria dell’emissione dei raggi beta”, pubblicato dalla rivista italiana il Nuovo Cimento. In questo articolo calcolai il valore della costante g che caratterizza l’intensità dell’interazione debole e regola il decadimento beta, e che è nota adesso come Costante di Fermi.
Nell’ambito dell’attuale modello standard delle particelle elementari, le interazioni deboli e le interazioni elettromagnetiche sono unificate in un’unica interazione elettrodebole. Il valore della costante di Fermi è ormai noto con grandissima precisione.

Il neutrino fu effettivamente scoperto e rilevato attraverso un reattore a fissione solamente 22 anni dopo, nel 1956.

Condividi questo articolo: