Per molti di noi il termine “radio” evoca gli apparecchi di diffusione di musica e notizie che avevano un posto speciale nelle case del secolo scorso, e che ormai sono per lo più relegati nelle nostre automobili. Quello che spesso dimentichiamo, invece, è che il loro funzionamento si basa su una delle teorie più affascinanti della fisica classica: l’elettromagnetismo.
Le onde radio, che permettono l’invio di un segnale da una stazione trasmittente a un sistema di ricezione, sono un particolare gruppo di onde all’interno del grande insieme denominato spettro elettromagnetico, in grado di viaggiare anche per lunghissime distanze e raggiungendo ogni parte del globo.
Le onde elettromagnetiche vengono impiegate in tantissimi modi. Per esempio, un’onda elettromagnetica che utilizziamo quotidianamente è quella del forno a microonde. La differenza sta nella lunghezza e frequenza: le onde radio hanno lunghezze che variano da frazioni di metro a chilometri, mentre le microonde si misurano in centimetri.
Il pioniere nell’utilizzo delle onde elettromagnetiche per la comunicazione fu Guglielmo Marconi. Spesso ricordato come il “padre della radio”, Marconi fu il primo a aver impiegato onde elettromagnetiche, con lunghezze radio, per inviare e ricevere dei segnali wireless a distanza. Il suo genio gli valse il premio Nobel per la fisica – il primo per l’Italia – nel 1909.
Tuttavia, l’idea iniziale di Marconi era diversa dalla radio che conosciamo oggi, ovvero un sistema di broadcasting in grado di inviare un segnale in modo diffuso che possa essere ricevuto da chiunque disponga di un ricevitore.
L’inventore bolognese si concentrò invece sulla comunicazione punto-a-punto, utilizzando il codice Morse – un codice che associa a combinazioni di impulsi elettrici brevi o prolungati (punti o linee) le lettere dell’alfabeto e i numeri – per trasmettere messaggi attraverso le onde radio. La sua invenzione, la radiotelegrafia, ebbe un impatto enorme, soprattutto nel campo del soccorso marittimo. Prima di Marconi, le navi in mare aperto erano isolate in caso di emergenza. Grazie alla radiotelegrafia, i “marconisti”, esperti nell’uso del codice Morse, potevano inviare richieste di aiuto, salvando innumerevoli vite.
Per la diffusione della radiofonia come la conosciamo oggi, quindi di trasmissione con l’utilizzo della voce, si dovrà aspettare il 1922 in Inghilterra, con la nascita della BBC, e il 1924 in Italia, con la nascita dell’URI (predecessore dell’attuale RAI).
Un elemento chiave in questa evoluzione fu ancora una volta una scoperta scientifica: l’invenzione della valvola termoionica da parte di John Ambrose Fleming, collaboratore di Marconi. Questa valvola permise di amplificare i segnali elettrici, rendendo possibile la trasmissione della voce.
Nel corso del XX secolo, la radio divenne uno dei principali mezzi di comunicazione e informazione, un ruolo che continua a svolgere ancora oggi, seppur in forme diverse. Il 13 febbraio, giornata internazionale della radio, celebra la prima trasmissione ufficiale delle Nazioni Unite, avvenuta nel 1946, e ci ricorda l’importanza di questa invenzione che ha cambiato il mondo.