Per la #giornatadellamemoria, il Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche Enrico Fermi ogni anno ricorda uno scienziato o una scienziata che hanno subito discriminazioni o persecuzioni a causa delle proprie origini ebraiche.
Racconta Laura Fermi in “Atomi in famiglia”* che nell’estate del 1938 si trovava in vacanza con i figli sulle Dolomiti, a San Martino di Castrozza.
“Mi sembrava che quell’arco di montagne impervie mi separasse dal resto del mondo. Sola coi bambini, poiché Enrico non sarebbe venuto fino alla fine del mese, dimenticai completamente il fascismo, il nazismo e le incertezze del momento”. (p. 151)
Ma questa fuga dal mondo venne bruscamente interrotta dall’arrivo del marito. Il suo tono, nel rimproverarle la poca consapevolezza di ciò che stava accadendo, la ferì più di quanto avrebbe fatto uno scatto d’ira.
” Il 14 di luglio, mi spiegò, era stato reso pubblico “Il Manifesto della razza”. Un gruppo di docenti delle università italiane, di cui si taceva il nome, proclamavano che le razze umane esistono, che sono un concetto prettamente biologico, che gli italiani sono da millenni ariani puri. Il manifesto proseguiva con dichiarazioni che, secondo Enrico, mi riguardavano più da vicino: era tempo che gli italiani si proclamassero francamente razzisti e riconoscessero che gli ebrei non appartengono alla razza italiana. … se ti curassi di leggere i giornali vedresti che ogni giorno ci sono articoli per aizzare l’opinione pubblica contro gli ebrei”.(p. 151)
Nei mesi successivi, le cose cominciarono a precipitare. Le leggi stavano già colpendo la scuola, l’università, e anche l’editoria. Quell’estate lei e Ginestra Giovene, la moglie di Amaldi, stavano lavorando insieme alla traduzione di un libro sulla teoria della relatività scritto da Einstein e Infeld. Nel dubbio che Mussolini potesse proibire la pubblicazione dell’opera di un autore ebreo, si affrettarono a terminare il lavoro e consegnarlo alla casa editrice. Ma la legge fu davvero promulgata e il manoscritto non fu mai pubblicato.
Quando a settembre la radio annunciò le prime leggi razziali che definivano chi fosse o non fosse legalmente ebreo, la sua preoccupazione andò subito ai figli, Giulio e Nella, per il momento considerati ariani, e che quindi ancora possono frequentare le scuole. Ma fino a quando? Qual è il punto in cui si smette di sentirsi al sicuro, in cui si capisce che la situazione sta per precipitare?
“Nella e Giulio erano ariani per legge, non avremmo avuto difficoltà con le scuole. Ma c’è un limite a tutto, e decidemmo immediatamente di esulare.” (p. 152)
Nel racconto della vita quotidiana, del tentativo di capire la portata degli eventi riportati dai giornali, di interpretare i proclami politici ma anche i mutamenti del sentire comune, Laura ci fa entrare, un a pagina dopo l’altra, nel senso di angoscia e impotenza, ma anche di incredulità, di certi stravolgimenti storici.
Ci spiega come si arriva al limite oltre il quale non si può andare. Ci fa vedere il lato triviale, le difficoltà banali, di quello che è invece uno strappo profondo dalla propria città, dalla famiglia, dagli amici, da tutta una vita di prima che non potrà più essere. Ci racconta anche lo stupore degli altri, la sensazione di doversi giustificare o dover spiegare, come se a distanze diverse gli avvenimenti non avessero per tutti la stessa definizione.
*Le citazioni sono tratte da “Atomi in famiglia. La mia vita con Enrico Fermi”, di Laura Capon Fermi, Castelvecchi – edizione 2024