Quando parliamo di emigrazione italiana storica, il pensiero corre alle immagini di famiglie in fuga dalla povertà con le valigie di cartone, imbarcate sui treni verso la Francia o il Belgio, o su navi transatlantiche verso il Nuovo Mondo. Ma c’è un altro capitolo, più silenzioso ma non meno doloroso, che è rimasto troppo a lungo nell’ombra: quello dell’emigrazione intellettuale durante il fascismo.
Non si trattava di braccia, ma di menti. Accademici, scienziati, scrittori, studenti e artisti che, specialmente dopo le leggi razziali del 1938, videro il proprio futuro in Italia cancellato per decreto.
Il progetto “Intellettuali in fuga dal fascismo” nasce proprio con l’ambizioso obiettivo di ricucire questo strappo nella memoria. È un portale che non si limita a elencare dati, ma ricostruisce storie di vita in movimento: traiettorie spezzate di uomini e donne che cercarono libertà e salvezza nelle Americhe, in Inghilterra o in Svizzera. Un esodo culturale che il regime tentò di minimizzare, ma che privò il nostro Paese di risorse inestimabili.
Sotto ogni storia, poi, una sorta di albero genealogico ipertestuale mostra come questa migrazione ebbe impatto su intere costellazioni di legami affettivi e culturali, spezzando famiglie, comunità, amicizie, collaborazioni.
Un nuovo tassello: Laura Fermi
In questo mosaico di volti e biografie da riscoprire, siamo felici di segnalare un prezioso contributo che lega il progetto direttamente alla nostra realtà museale.
La coordinatrice del Museo, Miriam Focaccia, ha curato e pubblicato un nuovo articolo all’interno del progetto, dedicato a una figura emblematica: Laura Fermi, costretta a lasciare Roma nel 1938 a causa delle leggi razziali. Una narrazione che va oltre il semplice dato biografico per esplorare l’esperienza dell’espatrio e la complessità di una vita ricostruita altrove.
A differenza del marito Enrico, per il quale l’America rappresentava una stimolante opportunità scientifica, per Laura la fuga e la ricostruzione della vita all’estero furono traumatiche: dovette affrontare un difficile processo di “americanizzazione”, ostacolato inizialmente dalla barriera linguistica, dalla perdita dello status sociale e dalla solitudine domestica, superato gradualmente solo grazie alla mediazione dei figli che la avvicinarono alla cultura democratica statunitense.
L’impatto dell’esilio fu segnato da un dolore profondo e privato: lo sradicamento dai propri affetti e, soprattutto, la tragedia del padre, l’ammiraglio Augusto Capon, rimasto in Italia fiducioso nel regime e successivamente deportato e ucciso ad Auschwitz; un dramma che Laura scelse di vivere con estremo riserbo, tacendolo anche nella sua celebre biografia familiare. Nel corso della sua vita americana Laura Fermi ebbe anche modo di trovare una propria voce attraverso l’impegno per la pace e l’ambiente e la scrittura. Nel 1968 pubblicò, presso la University of Chicago Press, il saggio “Illustrious Immigrants: The Intellectual Migration from Europe, 1930-41” (tradotto in italiano come “Immigrati illustri: la migrazione intellettuale dall’Europa 1930-41”) in cui esamina proprio le cause dell’emigrazione di molti intellettuali e artisti europei verso l’America prima della Seconda Guerra Mondiale.
Sfogliare il sito, leggere le storie di chi è stato costretto, più o meno apertamente, a fuggire, ci restituisce la drammaticità di un fenomeno in grado di donarci una prospettiva storica sui difficili rapporti che esistono anche oggi tra libertà intellettuale e potere politico.