Il periodo americano

Il mio arrivo negli Stati Uniti coincise con la notizia della scoperta della fissione nucleare.

Prendendo spunto dalla fissione del nucleo di uranio ottenuta da Otto Hahn e Fritz Strassman nel dicembre 1938, Lise Meitner e Otto Frisch dimostrarono che bombardando un nucleo di un elemento pesante con un neutrone, il primo si scinde, liberando una quantità enorme di energia secondo la formula di Einstein E=mc2.
Mi resi conto che durante i nostri esperimenti avevamo spaccato il nucleo di uranio in due grossi pezzi. Avevamo realizzato la prima fissione senza rendercene conto.

Lo scoppio della Seconda guerra mondiale e la pericolosa avanzata del nazi-fascismo spinse una parte del mondo della ricerca verso  l’utilizzo dell’energia nucleare a fini militari.
In Germania, Werner Heisenberg, il più grande fisico tedesco del tempo, stava lavorando sullo sviluppo di un’arma a fissione nucleare. Tutti i fisici emigrati negli Stati Uniti, e io stesso, ci allarmammo. Albert Einstein scrisse una lettera al presidente Roosevelt per avvertirlo del pericolo di una probabile costruzione, da parte dei tedeschi, di un’arma nucleare che avrebbe potuto portare Hitler a conquistare il mondo.
Così, il presidente Roosevelt affidò all’esercito la direzione del progetto Manhattan per la costruzione di bombe a fissione. L’intera comunità dei fisici statunitense venne coinvolta e mi trovai a svolgere un ruolo di primo piano in questo progetto. Prima lavorai nei laboratori della Columbia University di New York alla realizzazione di una reazione nucleare a catena. Poi, nel 1942, l’attività del mio gruppo viene trasferita all’università di Chicago. Costruita nella palestra sotterranea di uno stadio, la pila nucleare Chicago Pile One entra in funzione nel dicembre del 1942. Si trattò del primo esperimento al mondo di reazione di fissione nucleare auto sostenuta. Con una telefonata in codice,  il premio Nobel Arthur Compton annunciò a James Conant, presidente del National Defense Research Committee, il successo dell’esperimento:

“Il navigatore italiano è appena sbarcato nel nuovo mondo”
La storia è stata raccontata più volte anche da mia moglie Laura.
“Uno dei fisici regalò a Fermi un fiasco di Chianti: il dono era indizio di speciale riguardo per la patria di colui che lo riceveva. I presenti bevvero tutti, in silenzio, senza brindisi, poi tutti apposero la firma su l’impagliatura del fiasco.”
L’ 11 luglio 1944 presi la cittadinanza americana e in settembre mi trasferii nel deserto di Los Alamos dove diedi un  fondamentale contributo alla costruzione della bomba atomica e dove rimasi fino alla fine della guerra, legato al segreto militare.

Racconta ancora Laura
“Imparai a non fare domande. Non più cosa fai oggi, né come va il lavoro… né chi sono i tuoi collaboratori?”
Terminato il conflitto venne il tempo dei nuovi progetti. Fondai una nuova  scuola a Chicago dove sviluppai tanti temi di ricerca, sempre con il mio metodo: “non fare mai nulla con precisione maggiore dello stretto necessario”.

Tanti dei miei collaboratori e studenti di quel tempo sono diventati  affermati fisici e premi Nobel.
Diventai poi  consulente per il governo statunitense senza tuttavia favorire un uso dell’energia nucleare a scopi bellici. Ripresi quindi  in maniera regolare in contatti con l’Italia contribuendo al rilancio della ricerca intrapreso da Amaldi. Il 28 novembre del 1954 morii di cancro. Avevo  53 anni.

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