Il 2 gennaio del 1939 Enrico Fermi sbarca a New York. Ha appena vinto il Nobel, ma le difficoltà lavorative e soprattutto le leggi razziali che minacciano sua moglie Laura, lo hanno convinto a partire. Negli Stati Uniti ci sono già Albert Einstein e altri fisici europei di origine ebraica che sono riusciti a sfuggire ai nazisti. Tra loro anche Leó Szilárd.
A metà gennaio arriva anche Niels Bohr, per partecipare a un convegno a Washington. Ha una notizia incredibile.
Mentre Enrico Fermi era in viaggio, i fisici tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassman hanno ripetuto i suoi esperimenti, bombardando il nucleo di uranio con neutroni e ottenendo qualcosa che non sono riusciti a spiegarsi: il prodotto di reazione è il bario, un elemento che ha un numero atomico corrispondente alla metà di quello dell’uranio. Hahn allora ha scritto a Lise Meitner, la sua storica collaboratrice fuggita in Svezia, per chiedere aiuto. E alla vigilia di Natale, insieme al nipote Otto Frisch, anche lui fisico, Meitner è riuscita a interpretare i dati e fornire la spiegazione fisica della fissione.
Nel pieno di una guerra mondiale, esperimenti e intuizioni stanno dimostrando che non solo è possibile spaccare il nucleo dell’atomo, ma che questa “fissione” è in grado di sviluppare una reazione a catena capace di liberare una grandissima quantità di energia, che potrebbe essere usata come un’arma molto più potente di qualunque altra in circolazione. Chi riuscirà a fabbricarla prima degli altri?
È in quel momento che, come scrive Pietro Greco, “i fisici europei in America, a causa del Nazismo, si ritrovano a dover agire da politici”. (La scienza e l’Europa. Il primo Novecento, L’Asino d’Oro)
Per il ciclo Lezioni aperte del 2024, abbiamo deciso di provare a raccontare cosa sono stati quegli anni cruciali sia dal punto di vista scientifico che storico. Per farlo, abbiamo scelto di affidarci alle voci di testimoni d’eccezione, con una prospettiva sugli eventi tanto più interessante quanto meno ufficiale e celebrata.
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