Enrico Fermi lavagna

Due lettere dalle quali emerge un Fermi inedito, che scrive parole particolarmente affettuose al maestro di terza elementare, riportandoci indietro agli anni dell’infanzia di Enrico, quando scolaretto sedeva sui banchi di scuola nell’anno scolastico 1909-1910.

Nella prima delle due missive, scritta all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, Enrico, ripensando ai tanti anni trascorsi, si sofferma pure sulla situazione drammatica di quel presente, con l’augurio che “il Mondo e l’Italia trovino finalmente quella pace che valga a compensare delle sofferenze e dei travagli degli ultimi anni”.

Come è noto, Fermi non era ancora ritornato in Italia, ma era aggiornato sulla situazione e sulle difficoltà del suo paese da tutti quegli amici e colleghi rimasti in patria, primo tra tutti Edoardo Amaldi.

Il maestro che Fermi ricorda con tanto affetto e di cui si ricorda benissimo, nonostante fossero passati oltre trent’anni, tanto che “la potrei riconoscere se La incontrassi per la strada”, era un uomo davvero d’eccezione.
Nato a Ceprano il 13 dicembre del 1877,  fu il più giovane insegnante d’Italia: a soli 19 anni iniziò infatti la sua carriera in una scuola elementare di via Macchiavelli a Roma. Dai ricordi tramandati agli eredi, emerge il giudizio del maestro elementare: Enrico era un bambino particolarmente intelligente e il maestro aveva il presentimento che avrebbe fatto grandi cose… Egli era altresì particolarmente affascinato dalla madre di Enrico, Ida De Gattis, pure lei maestra,alla quale dedica un ricordo nella prima lettera al suo antico allievo della scuola Antonio Rosmiri.

Luigi fu un personaggio dalla personalità multiforme: ispettore scolastico a Tivoli, nel 1945, a guerra finita, fu sindaco di Ceprano, dove aveva aperto un cartonificio lungo il fiume Liri su un terreno di sua proprietà e per utilizzare l’acqua aveva fatto costruire una sorta di piccola diga -detta “parata Bianchini”;- successivamente quel terreno fu venduto ad un imprenditore che aprì una cartiera. Morì il 17 marzo del 1955.

Le lettere, conservate con orgoglio e affetto, decise di lasciarle al nipote prediletto, suo omonimo, che le ha custodite con altrettanta cura e attenzione.
Tanto da non separarsene mai e portarle con sé, in giro per l’Europa, mentre lui, batterista jazz, suonava in tournée! Una vita avventurosa, quella del giovane Luigi Bianchini, il quale approda in Libano e lì si ferma per amore. Fino al 1974, quando scoppia la guerra civile: la famiglia Bianchini – Luigi e Nouhad hanno due bimbe piccole, Nelly e Lara, di 9 e appena 4 anni- deve scappare, in fretta, non possono portare con sé quasi nulla sulla nave Vittoria che li riporterà in Italia. Ma le due lettere sì, quelle viaggiano insieme a loro e così, dopo tante peregrinazioni, tornano a Ceprano.

E’ la primogenita di Luigi, Nelly, bisnipote del maestro di Enrico, che ha contattato il Museo Fermi. Ricordo ancora la sua prima frase quando ci siamo conosciute: “Ogni volta che guardo queste lettere, o che mio padre le rilegge, ci riempie un’emozione fortissima, e un grande orgoglio”.

Con grande generosità la famiglia Bianchini, che tutta insieme partecipa dell’eredità di questi due importanti documenti, ha deciso di donarli al nostro Museo, dove sono già state esposte, perché tutti possano condividere quelle stesse emozioni.

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